Puglia nel cuore seconda parte: viaggio da Alberobello a Lecce.
- Terry
- 18 set 2024
- Tempo di lettura: 9 min

Eccomi qui a continuare il viaggio nella costa ovest della Puglia.
Dopo la splendida Matera si parte per Alberobello dove avevo prenotato un intero trullo per soggiornare un giorno e una notte.
Il Civico 5, questo il nome della struttura, mi è piaciuto molto; non avendo mai fatto questa esperienza devo dire che l’interno è proprio caratteristico con Il soffitto a cupola in mattoni grezzi con la ogiva tipica dei trulli. Il confort di un monolocale arredato minimale con una scala che portava nella camera da letto mansardata e balcone vista direttamente sui tetti dei trulli.
Peccato fosse una giornata grigia e piovosa! Positivo il fatto che ci fosse poca gente e quindi ho potuto girare tra le stradine soffermarmi negli angoli più suggestivi del posto.
L’origine dei trulli è ancora incerta ma varie testimonianze la collocano nella preistoria, epoca in cui furono realizzati i precursori dei trulli, i cosiddetti trolls usati per seppellire i defunti.
La storia conosciuta di Alberobello inizia verso il 1481, col divieto imposto dai feudatari della casata Aragonese, di edificare i trulli (case dei contadini) con la malta così potevano abbattere il trullo in ogni momento e cacciare il colono.
Un altro motivo era poter eludere una legge che imponeva ai feudatari di pagare una sostanziosa tassa se avessero dato inizio ad un agglomerato urbano senza l’autorizzazione del re.
In caso di ispezione i feudatari facevano abbattere i trulli molto facilmente e quindi non potevano essere censiti.
Come si evince, il vizio di eludere le tasse è atavico!
A metà settecento, però, alcuni notabili riuscirono a contrastare lo strapotere feudale permettendo ad Alberobello di affrancarsi definitivamente.

Sono tante le storie intorno ai trulli a cominciare dai simboli sopra i tetti, di cui vi parlerò dopo, alla storia risalente al III millennio a.C. quando la Puglia era parte della Magna Grecia e quindi zona di scambi commerciali tramite l’attività marinara degli stati micenei che influirono ovviamente sulla cultura del luogo.
L'attività più importante fu l’insediamento della coltura vinicola e, a testimonianza, ci sono i ritrovamenti di vasi di stampo greco utilizzati per contenere il vino. L’agro tarantino fu una delle zone più proficue e contribuì allo sviluppo del commercio durante l’VII secolo a.C.
Le razzie e le invasioni che subirono in questo secolo portò, per esasperazione, gli abitanti delle coste a riparare sulle Murge. Qui nacquero i ‘casali’, comunità agricole autonome i cui componenti avevano parità di diritti e di possesso.
Tra il VII e l’VIII secolo il fenomeno dei casali prese corpo e riconoscimento dalla dominazione longobarda che sfociarono con i benefici di leggi agrarie bizantine.
Nel X secolo, il rifugiarsi nelle Murge di numerosi nuclei tarantini scampati ali assalti dei saraceni portò a uno sviluppo demografico, alla conseguente crescita della coltivazione di nuovi terreni e all’affermazione di nuclei di abitanti quali furono quelli dei trulli.

In questo periodo storico si colloca la vicenda del ‘Trullo Sovrano’ costruito per volere di un arciprete con uno stile atipico rispetto alle tradizionali ‘casedde’, nome dato alle abitazioni coi trulli, elemento di rottura con la tradizione.
Al trullo sovrano seguirono altri esempi di trasgressione, liti che violarono il divieto alimentando forti contrasti coi Conti del posto.
Il Trullo Sovrano rappresenta il più avanzato trullo a due piani con una grande cupola alta 14 metri che si erge in mezzo a un gruppo di dodici coni. Fu costruito nella prima metà del settecento per conto di una benestante famiglia di un sacerdote. Il Trullo è stato dichiarato monumento nazionale nel 1923 e chiamato Sovrano per la sua maestosità e perché ospita simboli ‘sovrani’ come il Satontissimo Sacramento e le reliquie di due santi Patroni di Alberobello.
Il trullo Sovrano è uno delle cinque zone dei trulli più belli di Alberobello di cui fanno parte il Rione Monti con circa mille trulli dichiarati patrimonio mondiale dell’umanità, il Rione Aia Piccola chiamato così perché ha uno spazio anticamente usato per la battitura del grano, Rione Chiesa di Sant’Antonio costruita in appena 14 mesi e interamente realizzata a trulli, il Trullo siamese che ha una doppia facciata e un doppio pinnacolo ma nessuna finestra.
Si racconta che il trullo fosse abitato da due fratelli uno dei quali era promesso sposo ad una fanciulla che però si innamoro dell’altro fratello: nessuno de due fratelli volle rinunciare alla proprietà cosi il trullo venne diviso a metà per porre fine alla diatriba.
Come si sa i trulli erano strutture semplici sulla cui sommità si trovava una sorta di pinnacolo ricoperto da ‘chiancarelle’(pietre) su cui si poteva vedere un simbolo esoterico, magico o spirituale.
Ancora oggi ci si interroga se erano solo decorativi o rappresentavano un concetto mistico difficile da decifrare: tentativi di spingersi verso il cielo e legati al culto del sole connesso all’andamento dei lavori agricoli: opere d’arte che i maestri trullari amavano realizzare come firma oppure segno distintivo di gruppi familiari visto che tutti i trulli di un medesimo ceppo avevano lo stesso simbolo? Ancora non è noto.
In totale gli studiosi hanno identificato circa 200 segni differenti che hanno diviso in sei categorie: primitivi, magici, cristiani, pagani, ornamentali o grotteschi.
Spiegarli tutti richiederebbe troppo tempo.
In ogni caso vi consiglio di leggere queste notizie prima di visitare Alberobello perché si gode meglio il giro nei vicoli che si inoltrano nei trulli e anche la loro struttura interna sia che sia il Trullo Sovrano o sia un Ristorante ricavato al loro interno.
Una tappa per me fondamentale per capire bene perché questo paese e così famoso in tutto il mondo.
Lasciato il trullo ci si avvia per arrivare a Lecce, ultima tappa del tour ma non si possono evitare due paesi che rivelano quanto sia bella la costa adriatica del sud della Puglia.
La prima tappa è Polignano a Mare nominata una delle città più accoglienti del mondo nel 2023.
Sappiamo tutti che qui nacque Domenico Modugno che tutto il mondo conosce per la canzone Volare diventata il simbolo dell’italianità e che quel ‘blu dipinto di blu’ è la meraviglia dei colori del mare che si gode negli affacci del borgo.
Il borgo sorge in alto su scogliere frastagliate a picco su grotte marine.
Polignano fu fondata da Giulio Cesare nelle vicinanze del ponte di Via Traiana che collegava Roma A Brindisi: il nome Polignano deriverebbe dalla dea Polymnia venerata dai romani.
Sicuramente da vedere la roccia da cui si fa la gara di tuffi, la Red Bull Cliff Diving, da un’altezza di ventisette metri sulla cui sommità sorge una casa con un balcone ad affaccio che viene riservato per l’occasione pagando una cifra considerevole. Con questa altezza in due secondi si arriva alla velocità di novanta km orari e posso dirvi che vedendo questa scogliera vengono i brividi.
Qui si deve assaggiare quello che è la loro specialità: la carota viola in primis, che cucinano alla mediterranea e vi assicuro che è dolcissima e appetitosa.
Le varietà originarie, provenienti dall'Afghanistan, erano per lo più tra il porpora e il viola, ma ne esistevano anche di gialle, rosse o nere, e attraverso una serie di incroci di sementi, gli zelanti agricoltori riuscirono a virarne il colore verso l'arancione che tutti noi conosciamo .
A fine pasto bisogna bere il ‘caffè speciale’ preparato con aggiunta di zucchero, scorza di limone, panna e amaretto.
Secondo me uno dei caffè più buoni che abbia mai assaggiato e che non si può perdere!
Nella stessa giornata ci spostiamo a Melendugno, una cittadina a nord di Lecce sulla costa adriatica.
Melendugno è un comune sito nel Salento centro-orientale, a circa 20 km da Lecce. Comprende la frazione di Borgagne e ben cinque marine.
Le prime testimonianze della vita nel territorio di Melendugno sono riconducibili all'età del Bronzo; risalgono a quest'epoca i due dolmen Placa e Gurgulante individuabili nelle immediate campagne della cittadina in direzione di Calimera.

Secondo la leggenda Malennio avrebbe fondato Syrbar, primo nome della località costiera Roca, che significa Città del Sole, perciò il toponimo di Melendugno nasce dalla radice del suo nome, Malen-nio. In seguito, si trasformò da Malandugno (portatore di sventura) a Melendugno (portatore di dolcezza).
Infatti il nome deriva dalla produzione del miele, così come riporta lo stemma civico dove un albero di pino è la casa di un insieme di alveari circondati da tre api in volo. La produzione del miele, interrotta nel dopoguerra, è ripresa negli ultimi anni certificando il comune come “Città del Miele”.
Vi siete mai persi nel blu? Quel blu inafferrabile splendente e malinconico. Questo è il colore che si incontra qui. Uno spettacolo il cui colore è protagonista della marina di Melendugno, in cui l’azzurro di mare e cielo si alterna al verde brillante della macchia mediterranea, al dorato delle spiagge e dune, coste frastagliate e piccoli isolotti.
Un luogo suggestivo dove il tempo sembra scorrere in modo diverso.
Incastonate nel mare si trovano cinque perle: Torre dell’Orso, San Foca, Torre Sant’Andrea e Torre specchi Ruggeri. Paesaggi che regalano a chi le visita l’emozione di panorami suggestivi e la bellezza del loro patrimonio culturale.
Nella zona di Roca si trova la Grotta della Poesia, una piscina naturale circondata dagli scogli.
A San Foca sono presenti alcuni scogli con forme caratteristiche. Tra i più famosi: "li brigantini", "lo scoglio del sale", "lo scoglio dell'otto" (perché assomiglia al numero 8, scritto però in orizzontale). Le spiagge lunghe di questa zona sono circondate dalla macchia mediterranea ed esplodono al tramonto o all’alba per godersi il sole che sorge dalle acque cristalline.

In località Sant’Andrea ci sono i Faraglioni, strutture in tufo che emergono possenti dall’acqua caratterizzata da tutte le sfumature di verde e blu. Il più suggestivo dei Faraglioni è l’Arco degli Innocenti dove nuotare è un’esperienza unica nel suo genere.
Dopo queste due mete così vicine e così diverse della costa salentina si raggiunge Lecce, signora del Barocco e perla della Puglia.
Lecce è la città dei mille colori perché è il sole a decidere la luce infatti cambia tinta in base alle ore del giorno.
Proprio da Polignano abbiamo prenotato una camera in una B&B, la Dimora Charleston scelta per la sua posizione a ridosso delle mura così da poter girare la città vecchia a piedi.
La struttura è stata una sorpresa: una villa in stile Belle Epoque ristrutturata lasciando tutto l’arredamento e l’atmosfera originaria; un padrone di casa, il proprietario che la gestisce come fosse una villa a disposizione degli ospiti.
Veramente bellissima all’interno coi suoi saloni e le camere in stile con affaccio sulla parte vecchia della città.
Fu edificata da un industriale salentino nei primi del ‘. La struttura è a fianco a Porta S.Biagio, una delle tre porte rimaste della città. L’intento del proprietario è far riviere l’atmosfera dello splendore del passato a tutti gli ospiti. Sulla facciata in pietra leccese ci sono colonnati corinzi, il cancello e la scalinata di un famoso artista salentino e gli arredi originali in stile Luigi Filipp e Carlo X più moltissimi oggetti di una collezione privata.
La città dentro le mura è tutta realizzata con la pietra bianca leccese adatta per costruire palazzi, chiese, monumenti che con i loro riccioli si stagliano nel blu azzurro del cielo.
La pregiata pietra leccese, calcarea, tenera ma resistente, ben si adattava, infatti, alla lavorazione con lo scalpello tipica dello stile barocco, che, sbocciato nel Seicento in tutta la città, le ha donato l’attuale connotazione di “signora del barocco”.

l titolo di città d’arte Lecce, detta anche la “Firenze del Sud”, lo aveva guadagnato grazie anche alle sue origini messapiche del 500 a.C. e alla successiva dominazione romana di cui ancora sono ben visibili le tracce sul territorio e nel museo Archeologico Provinciale.
Per entrare nel centro storico bisogna passare attraverso una delle porte di Lecce. In origine erano quattro, ma una, porta San Martino, che immetteva sulla via del mare, è stata rasa al suolo, e quindi ne restano solo tre: Porta Napoli, alta circa 20 metri e costruita in stile corinzio per Carlo V nel 1548, in omaggio all’imperatore che aveva fortificato la città; Porta San Biagio, edificata su una preesistente torre nel corso del Settecento, e dominata dalla statua del santo di cui porta il nome; e Porta Rudiae, il cui nome deriva da quello dell’antica città di origine Messapica. Crollata, è stata ricostruita nel Settecento con gusto barocco (visto che non doveva più svolgere le sue funzioni difensive) ed è, di fatto, la porta d’ingresso al centro storico.

L’elenco dei monumenti, dall’Anfiteatro romano al Duomo compreso, è troppo lungo. Secondo me è bello scoprirli passeggiando sulle strade lastricate del centro e vi imbatterete sicuramente nelle tre porte di entrata delle mura.
Sicuramente non può mancare Il duomo di Lecce ricostruito in stile barocco sulle fondamenta della vecchia cattedrale.
La piazza antistante e il Duomo vengono arricchiti da vistosissime luminarie colorate tipiche delle feste del Sud in occasione della festa di Sant' Oronzo, il patrono di Lecce, ricreando esattamente l’atmosfera tipica della festa popolare così come era in passato. La festa si svolge a fine agosto quindi se siete da quelle parti non perdetela.

Il consiglio più dettagliato che riesco a darvi invece, è quello pensando al viaggio culinario che si può fare in questa città.
Si parte la mattina assaggiando ‘il rustico’ fatto di pasta sfoglia e ripieno di besciamella, mozzarella e pomodoro. In rosticceria invece si prende ‘la Puccia’, un panino da farcire con ingredienti poveri perché poveri sono tutti gli ingredienti della cucina salentina: verdure, farina, olio, orzo, legumi (assolutamente da assaggiare ‘fave e cicorie’ e ‘ciciri e tria’), lumache ( munacedde).
La carne del luogo è la carne di cavallo con cui si fanno degli involtini al sugo con caciocavallo, gustosissimi, e poi immancabili sono le paste fresche tirate a mano; gli strascinati e le orecchiette.
Il re della cucina leccese è il Pasticciotto di cui vi ho svelato provenienza e preparazione nel mio post Salento nascosto ( https://www.lussoelifestylediterry.com/post/lecce-e-nard%C3%B2-il-salento-nascosto-1) che qui fanno con le varianti di crema e amarena o cioccolato e ricotta.
Da non perdere… e per digerire, il caffè in ghiaccio: una tazza di espresso caldo e un bicchiere a parte contenente circa cinque centimetri di sciroppo di mandorla e due o tre cubetti di ghiaccio ideale per la calura estiva.

E col caffè finisce anche il viaggio e ci si avvia al ritorno con gli occhi pieni di bellezza e, una volta tornati a casa, la speranza di una dieta che ci faccia perdere i chili recuperati in tutto questo itinerare!
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