OMAN oltre... il rientro
- Terry
- 17 apr 2020
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 24 apr 2020
Quello che ho capito se si vuole viaggiare in sicurezza.

Oman oltre... è il racconto delle peripezie per poter tornare a Milano con il busto, conseguenza della micro frattura delle vertebre.
Ho scoperto subito che fortunatamente l’assicurazione che fanno i tour operator in queste situazioni è fondamentale.
Il mio consiglio è di fare una copertura più ampia di quella base di default, soprattutto se si visitano paesi con molte carenze sanitarie. Se visiti uno Stato organizzato e moderno sei sicuro, ma se vai in paesi meno sicuri e instabili è meglio essere previdenti.
Io ho avuto la fortuna di incontrare una responsabile del resort molto valida, che mi ha fatto ricoverare in una clinica privata pulita e all’avanguardia. Se fossi capitata in un ospedale pubblico avrei avuto grossi problemi. Avevo già scritto che negli ospedali pubblici i reparti uomini e donne sono rigorosamente separati. Nel reparto donne non so neanche come sia organizzata la visita di un marito o un fratello; quello che ho sperimentato è che in quel caso, mio marito si sarebbe dovuto spostare in un albergo a Shalalah. Non avrebbe potuto rimanere nel resort perché doveva lasciare la stanza, essendo finito il periodo di soggiorno e sarebbe stato da solo, anche se poco lontano dall’ospedale.
L’albergo l’avrebbe trovato l'assicurazione, ma non avrebbe coperto l’intero importo del soggiorno.
Il medico che mi aveva in cura era indiano, molto bravo ma anche assolutamente rigoroso. Non dovevo alzarmi per nessun motivo e mi faceva delle incursioni non previste: un paio di volte mi ha trovato in piedi a guardare dalla finestra mentre mi concedevo una sigaretta. Tornavo nel letto ridendo e lui scuoteva immancabilmente la testa... sorridendo.
“Aveva capito che non era così facile mettermi al tappeto!“

L’organizzazione del rientro è stata una gogna. Non è facile organizzare il ritorno in barella da un paese extraeuropeo. La prassi è lunga e articolata. Ogni giorno l’assicurazione mi informava che l’indomani sarei partita e poi si smentiva puntualmente. Otto giorni prima di organizzare il ritorno: giornalmente ricevevo la visita della responsabile degli ospiti della clinica. Ci ha attivato una scheda telefonica omanita, non essendoci la possibilità di accedere al wi-fi per motivi di sicurezza. Usare il cellulare con le nostre compagnie telefoniche sarebbe costato una fortuna.
Mi sentivo una personalità!
Solo dopo alcuni giorni abbiamo capito che per farmi tornare dovevamo aspettare un medico dall’Italia per accompagnarci durante il viaggio in aereo: cosa non facile da farsi. L’obbligo del medico italiano derivava dal fatto che il dottore indiano non voleva saperne di farmi viaggiare semisdraiata, come poteva essere prenotando in prima classe; aveva tassativamente richiesto il viaggio in barella - in inglese ‘Trolley’! Già la parola stessa mi faceva ridere. Non avevo molto dolore e tutte queste stranezze mi mettevano di buon umore.
Mi ero fatta male di venerdì e sono riuscita a ripartire solo il sabato successivo.
L’assicurazione ‘Europe Assistance’ mi aveva fatto contattare da un medico per sapere se avessi altre patologie o necessità di medicine. Nella clinica i farmaci sono quelli che si usano in Italia e dubito che sarebbe stato lo stesso in un ospedale pubblico. Il referente omanita dell’assicurazione si è presentato il venerdì, vestito in abiti tradizionali e il giorno dopo con una divisa occidentale. Era probabilmente una persona legata alle istituzioni che voleva, probabilmente, dimostrare quanto fosse importante prendersi cura dei turisti.
L’Oman è un paese che si è affacciato su questo mercato da poco tempo.
Il sabato mattina arriva il medico dall’Italia: un uomo di mezza età, che quando mi vide in piedi e sorridente si prodigò per evitarmi il tragitto in trolley. Niente da fare! Ovviamente gli omaniti non ci pensavano proprio a prendersi questa responsabilità.
Il viaggio era stato organizzato in due tappe: da Salalah con un volo interno fino a Muscat, la capitale, da lì il volo internazionale con Oman Air fino a Malpensa.
La sera del sabato pronti per la partenza: arriva un'ambulanza per il trasporto in barella.
“Gli omaniti non sono molto esperti a guidare“. Dieci manovre per fare retromarcia e posizionarsi vicino all’entrata della clinica. C’erano otto infermieri a disposizione che mi hanno imbragato, prima di mettermi sulla barella. Sembravo Oriana Fallaci di ritorno dal Vietnam (le somiglio nei lineamenti). L’imbragatura infatti era composta da una pettorina a fasce con cinture elastiche proprio militari.

Arrivati in aeroporto io, mio marito e il medico non siamo passati attraverso le normali procedure, ma ci hanno portato direttamente in pista sotto l’aereo: controlli fatti dal personale della dogana che arrivava direttamente lì per noi.
Il metodo per entrare sull’aereo non lo avevo neanche immaginato ma l’ho documentato.
In pratica hanno una specie di barella divisa a metà, chiamata cucchiaio, che ti infilano sotto e poi uniscono per poterti alzare a livello del montacarichi dell’aereo. Si sono messi in quattro a sistemarlo, personale di manovalanza.
Una cosa mi ha lasciato interdetta e mi ha fatto molto ridere: questo cucchiaio è aperto nel centro per cui mi son sentita letteralmente palpare da sotto!!!! Evidentemente l’occasione di toccare una donna era più forte dei loro principi!!
Io ridevo a crepapelle ma mi sono ricreduta subito; in primis perché l’apertura del portellone era bassa rasentando la mia povera testa e poi perché la sistemazione su questo primo aereo era talmente scomoda che ho sofferto il mal di schiena per tutto il tempo, cercando anche di districare le fasce che impedivano di muovermi, per trovare una posizione accettabile.

Il volo internazionale prevedeva uno scalo con tre ore di permanenza nell’aeroporto della capitale. All’interno c’era una postazione tipo clinica dove mi hanno portato, sempre direttamente dalla pista; qui mi hanno posizionata letteralmente sul pavimento!
Sempre imbragata con queste fasce militari, senza nè acqua nè cibo per nessuno. Mi hanno recuperato dei sandwich dalle macchine distributrici automatiche. Al momento della ripartenza la solita trafila del controllo in pista, il cucchiaio per alzarmi e portami all’interno dell’areomobile. Per fortuna stavolta questo ‘aggeggio’ era più moderno e l’aereo di linea, Oman Airlines, molto più grande e spazioso. Hanno dovuto abbassare sei posti per mettere la barella, ma avevo anche una tendina per chiudermi. I passeggeri sono saliti dopo ed erano sia uomini che donne ma in postazioni separate. Erano curiosi di vedere, ma la cortina mi ha riparato almeno dagli sguardi maschili: forse perchè questo era d’obbligo.

Il dottore ha dormito per tutto il viaggio: a che serviva? Mah... forse capendo che non
ero in fin di vita si è concesso il relax!
Arrivati a Milano Malpensa non ne hanno voluto sapere di lasciarmi andare con la mia vettura perciò sono stata trasportata su un’altra ambulanza. Il viaggio l’ho fatto col medico dormiente e la macchina guidata da mio marito che mi seguiva.
Una volta a casa sono scesa incamminandomi da sola all’interno del palazzo in cui abito.
“E per la serie, i curiosi ci sono a tutte le ore, la mattina dopo il custode e i vicini mi hanno chiesto come mai sono arrivata in ambulanza, se poi sono scesa camminando normalmente come se nulla fosse”.
Alla fine credo di essere stata fortunata, assistita benissimo... non penso sarebbe andata così se mi fossi trovata in altri paesi che ho visitato, molto più improbabili sulla sicurezza.
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