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NEW YORK… Viaggio nella memoria

  • Immagine del redattore: Terry
    Terry
  • 20 mag 2020
  • Tempo di lettura: 6 min

Aggiornamento: 4 feb 2022

New York prima e dopo il 2001: una testimonianza col fiato mozzato!



La prima volta che ho visitato New York è stato proprio nel 2001!


Ero di ritorno da un viaggio di tre settimane nella costa est degli Stati Uniti. Ho fatto l’ovest qualche anno prima, passando per sei stati, e mi è piaciuto tantissimo così ho deciso di andare a vedere l’altra costa degli USA: la parte più americana, arrivando a New York ma risalendo subito verso gli stati dei ricchi magnati per poi attraversare il fiume San Lorenzo, costeggiarlo dal lato canadese per poi tornare.

New York l’ho visitata al ritorno, fermandomi 5 giorni per riprenderci da un itinerario decisamente impegnativo. Era fine Agosto 2001…


Sono arrivata a NY attraverso il Bronx per fare il famoso Tunnel che porta a Manhattan.

Quando si dice NY in realtà si visita solo il quartiere di Manhattan perché è il più ricco di cose da vedere oltre al fatto che è molto esteso.

La città è facile da girare, le strade si incrociano a squadra: sulle linee verticali che portano da Nord a Sud ci sono le grandi Avenue mentre le strade che le attraversano sono più strette. Le Avenue hanno un nome di persone mentre le ‘street’ sono numerate e distinte tra est e ovest

(East o West) cosicchè è difficile perdersi. Può succedere, invece, che si cammini tantissimo perché le distanze sono specchio della vastità della nazione.


La sensazione che ho avuto appena atterrata negli States è stata proprio il senso di vastità, di ampi spazi a cui non siamo abituati noi che viviamo in un paese denso di paesini, stradine, montagne e mare.

NY era viva, piena di gente, trafficata e rumorosa. Ambulanze, polizia, lavori, gente, tutto fa rumore. Un rumore che non ti lascia mai 24 h su 24!


Un po' da turisti e un po' da viaggiatori, io con la famiglia, abbiamo visto le cose che indicano le guide ma ci siamo anche lasciati trasportare dall’istinto camminando tanto.

Abbiamo girovagato intorno a Central Park, visitato il Rockfeller Center, Il Madison Square Graden, Times Square con tutte le luci delle insegne sui palazzi che sono in realtà tutti grattacieli.


Foto dal mio album


Ci siamo lustrati gli occhi sulla 5th Avenue, la quinta strada, con tutte le boutique rinomate, entrando da Tiffany come se fossimo nel film ‘Sabrina’ o divertendoci a giocare nel negozio di giocattoli più grande al mondo ‘Fao Schwarz’ che ora non c’è più.



C’erano spettacoli di strada ovunque: addirittura un contorsionista che riusciva a infilarsi in una scatola in plexi come se fosse una marionetta snodata!
Lo abbiamo visto quando siamo arrivati al fiume Hudson da dove si vedeva lo skyline della città. Questo era lo spettacolo in quel momento..


Skyline di NY- Foto del 2001 dal mio album


Non puoi esimerti, però, di andare a Ellis Island, l’isola dove approdavano gli emigranti dall’Europa in cui si trova un museo con tutte le cartoline, lettere e testimonianze commoventi ed una sala con monitor e un database che ti permette di cercare attraverso il cognome se hai un parente che è emigrato: quasi tutti trovano qualcuno!!


Qui è cominciata l’avventura che ha dell’incredibile e che vi voglio raccontare!


Per andare a Ellis Island si prende un battello poi si torna passando da Staten Island, l’isola con la Statua della Libertà.

Siamo arrivati a Ellis la mattina verso le 10 e visitato tutto il museo: veramente emozionante e ovviamente abbiamo trovato un paio di bisnonni immigrati!!

Ci siamo messi in coda per riprendere il battello ma non arrivava, la coda si era fatta lunghissima e non si capiva perché non ci si poteva imbarcare. Ogni tanto arrivava un poliziotto che dopo un’attesa di ben tre ore ci disse che c’era stato un problema idrico??? Boh, non capivamo. Comunque siamo andati a Staten Island ma non siamo potuti salire sulla statua: era proibito, dicevano per via del caldo.


Non era caldo, c‘erano 25 gradi, più o meno, ma non c’erano alternative.


L’hotel dove alloggiavamo era proprio dietro Times Square, sulla 44a strada, all’undicesimo piano, dove godevamo di una bella vista panoramica: si vedeva la Chrisler Tower e l’Empire State Building. Due giorni prima della ripartenza andammo a vedere la Stocking Exchange,la Borsa di scambio e successivamente tentammo ben due volte di salire sull’Empire ma la coda era sempre interminabile.


La sera ci viene un’idea: andiamo sulle Twin Tower ma la mattina presto, magari evitiamo la folla. Il mattino dopo alle 9,15 eravamo alle torri.

Si poteva visitare solo una delle due essendo edifici adibiti ad uffici importanti. Entriamo, facciamo il biglietto..26 $! ciascuno. Una ragazza orientale ci accompagna all’ascensore fino al 110° piano. Li c’era una mappa della piazza e una voce narrante.

Guardare dai finestroni la piazza del World Trade Center è stato da vertigine: le persone sembravano formiche la piazza sembrava un cerchietto sul fondo!

La vista dal tetto della torre filmata da me! Il rumore dell'antenna.


Cogliemmo anche l’opportunità di salire sul tetto. C’era un percorso tutto intorno alla torre con un parapetto molto distante dal bordo per evitare suicidi!!!

Stupendo: si vedeva tutta Manhattan, l’Hudson, il fiume che arriva dal mare, ma soprattutto c’era un ronzio assordante, era il ronzio della grossa antenna che campeggiava sulla torre.

Il cielo era terso, la vista ottima ed a un certo punto vediamo un aereo che passa in cielo e col vapore del motore scrive nel cielo un gigantesco YES.

La scritta in cielo

Al momento abbiamo pensato che fosse un si ad una richiesta di matrimonio: gli americani fanno sempre le cose in grande. Era il 26 Agosto 2001, h 9,15 am.


Il 27 volo di ritorno con scalo e attesa di nove ore all’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi. Era pieno di militari in assetto di guerra, ci è sembrato strano ma eravamo talmente stanchi che non abbiamo dato seguito a questo pensiero.


Il giorno 11 Settembre 2001 io ero al lavoro, mio marito in ufficio: mi chiama e mi dice di guardare in tv con la voce scioccata. Lavorando in boutique ,niente televisore, per cui andai dal portiere e vidi tutto quello che era successo in diretta:

Un aereo che colpisce la prima torre, quella non visitabile, e dopo poco il crollo della seconda torre!! MI sembrava un film, uno di quei film americani di catastrofi tipo ‘The day after’. NO!!!!!!! Era tutto vero… erano crollate le torri!! In quel momento ho ripercorso tutta la giornata trascorsa e non la dimenticherò mai.

Ricordo ancora il volto della ragazza dell’ascensore e la scritta nel cielo che avevamo filmato. Le torri sono cadute esattamente alle ore 9.15 in una mattinata limpida identica a quella del giorno in cui siamo saliti.


Non siamo riusciti a rivedere il filmato per un mese! Avevamo fatto lo viaggio degli attentatori, ma al contrario. Non siamo riusciti a salire sulla statua della Libertà perché la CIA già sapeva che ci sarebbe stato una attentato: pensavano proprio a Staten Island, simbolo della libertà degli USA.


La domanda a cui ancora oggi non ho trovato risposta è questa: la scritta YES stava a indicare che a quell’ora e con quella visibilità ottima era possibile colpire le torri? Questo particolare ci tormenta da sempre e questa testimonianza l’ho filmata io… non è un’immagine di repertorio!

Un fatto incredibile, più straziante del Covid perché vissuto da vicino: che strane le coincidenze della vita!


Sono tornata a NY lo scorso anno a fine Aprile per lavoro. Dovevo curare l’apertura di uno store Sergio Rossi in Madison Avenue. Dopo vent’anni rivedevo la città. Mi è sembrata più grigia, più sporca come se quella strage avesse rovinato lo smalto e l’atmosfera.



Decisi di prendermi mezza giornata di riposo per andare a Ground Zero, al Memorial Museum: volevo vedere




Ho pianto! Le fontane poste al centro dove erano le Twin Towers e tutti quei nomi scolpiti nel marmo...



Il museo è enorme, incredibile ed emozionante: una parte è dedicata alle strutture portanti in acciaio gigantesche e che si erano piegate come se fossero di latta, i camion dei pompieri accartocciati, gli ologrammi delle parole dette al telefono dalle persone che chiamavano aiuto..non potete credere! All’interno c’è una parte non fotografabile dove sono custodite le cose più laceranti: scarpe di donne rinvenute dopo il disastro e le voci registrate dal vivo delle telefonate di persone che chiedevano aiuto, le voci rotte dal pianto degli operatori che cercavano di calmare le anime pur sapendo che per loro non c’era scampo.



Le foto - La distruzione dei muri - I pilastri in acciaio - Un pilone portante

Il camion dei pompieri - Ricordi trovati sparsi


Nelle mie orecchie rimarrà per sempre il rumore del tonfo dei corpi di chi si buttò per disperazione: un minuto per schiantarsi a terra, un lungo minuto in cui ti rendi conto che stai per morire e che la sola cosa che puoi fare è solo una mezza preghiera.

Non ho mostrato a nessuno questi documenti ma il momento che stiamo vivendo con questo virus ha riportato alla memoria questa testimonianza che mi son sentita il dovere di condividere con voi.

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