JEANS: lo stile che non conosce età. Dalla genesi al glamour: tendenze di oggi e storia .
- Terry
- 13 mar 2024
- Tempo di lettura: 11 min

Eccomi qua a informarvi sul ritorno in grande stile del Denim. Verissimo che non ha mai smesso di essere indossato ma parlo di denim a tutto tondo: giacche, abiti, gonne pantaloni.
Il post, vi avverto già, sarà un po' lungo perché, dopo le tendenze per noi over, vi racconto come è nato il jeans. La sua storia è veramente lunga e piena di aneddoti.

Come premessa vorrei citare una frase che si trova nel libro della ‘Levi’s:
'Ciò che non puoi vedere ma puoi immaginare è più sexy di quello che è in mostra perché il jeans ha sempre avuto la straordinaria capacità di rivelare il corpo senza espressa intenzione creando una silhouette di sensualità'.
Più li indossi meglio li senti bene.

In primavera più che mai, un paio di jeans sono un grande alleato, infatti, il jeans o denim che dir si voglia, è tra le tendenze più forti, sempre più sfaccettato, lavato e multiforme.
Vero è che non tramonta e non tramonterà mai ma questa primavera-estate saranno una tendenza d’obbligo con veramente tantissimi modelli adatti a tutte.
Chi non ha jeans in armadio? Secondo me nessuno!

Io ovviamente ho pensato alle donne come noi che indossano il denim, declinato in vari indumenti, ma che vogliono rinnovarlo per essere cool.
Vi propongo quattro modelli di pantalone e tre capi intriganti che possiamo sicuramente fare nostri.
I PANTLONI IN DENIM

Jeans blu scuro:
Il blu scuro è tipico del denim non lavato, più rigido rispetto agli altri ma è anche un denim sartoriale che non deve mancare nel guardaroba.
Il colore scuro è perfetto per allungare le gambe anche nella versione vita bassa. Classico e intramontabile, il jeans blu indaco è una certezza che conferisce, col suo originale tessuto scuro, eleganza e stile. L’alternativa sono i jeans neri o grigio scuro, un po’ vintage, perfetti per un total-look black.
Il pantalone in denim scuro fa le veci di un pantalone nero, eletto come capo assoluto del tuo guardaroba passando dal casual a complemento ideale per quelle serate in cui non vuoi rinunciare al confort: un look che tutte noi possiamo provare seguendo i dettami dei classici.

Jeans chiari:
Perfetti per la bella stagione nella versione relaxed adatta a noi; no al cavallo basso si alla gamba dritta e larga che si appoggia sul piede.
I jeans chiari vanno scelti con un lavaggio molto luminoso capace di rendere chic una semplice t-shirt bianca.
Li puoi indossare coi tacchi alti mentre diventano una base del quotidiano se ci abbini una maglia morbida o una giacca sartoriale.
Le tonalità più chiare dell’écru o bianco avorio non sono solo per le stagioni calde ma, essendo una versione chic, stanno bene con cappotti avvolgenti, montoni cammello e stivaletti scamosciati.

Jeans a gamba dritta:
Sono i jeans protagonisti degli anni ’90 ed è uno dei capi favoriti da tutti perché non passano mai di moda. La loro silhouette minimale si presta ad ogni occasione, dall’ufficio all’aperitivo serale.
Indossali con un trench, un cappotto sfoderato, con una felpa, una camicia di flanella o militare usata come fosse una giacca. Hanno la lunghezza giusta, non devi accorciarli e puoi abbinare sneakers così come tronchetti, anfibi o decolté svettanti.

Jeans con risvolto:
Li abbiamo già portati ma ogni tanto tornano per cui mai regalarli: io li amo molto. Possono essere risvoltati di proposito, appuntati con spille o accorciati per necessità perché troppo lunghi ma certamente detteranno ancora una volta la tendenza per tutto l’anno.
Personalmente trovo belli quelli con risvolto molto alto, dai dieci centimetri in su e, se li trovate, quelli con la cimosa rossa che risvoltata fa molto pantalone di nicchia.

Il jeans a zampa:
Questo capo ricorda gli anni ’70, era il modello più in voga in stile hippie. Ora ha acquistato un look più elegante ma la particolare indossabilità per tutte è il compromesso tra il jeans stretto e quello a gamba dritta larga. Il jeans a zampa sta bene a tutte e deve avere un lavaggio stone di colore medio.
La ricerca di un jeans perfetto non ha una fine, sembra non essere mai completo forse perché è un indumento così versatile che uno in più non guasta mai.
Io, moglie di un agente di brands di jeans, ne ho parecchi nonostante non sia il mio capo quotidiano e comunque mi sembra sempre di non avere ancora trovato quello giusto del momento.
A farla da padrone non c’è però solo il pantalone ma, questa stagione, oltre a giacche, ci saranno anche abiti e gonne.
La gonna di jeans:
La gonna di jeans mi apre dei ricordi da adolescente quando noi ragazze, che sapevamo cucire, aprivamo dei jeans vecchi per farne delle gonne lunghe.
Fanno un po' anni ‘2000 ma sono tornate alla grande: lunghe alla caviglia, corte al ginocchio, chiare o indaco.
La gonna in Jeans risolve molte situazioni come un soggiorno al mare, un giro con le amiche o una giornata di confort. Puoi indossarla con una T-shirt bianca candida e immacolata, una oversize da inserire sapientemente all’interno, una t-shirt sportiva.
Il look cittadino vuole, come abbinamento, delle belle sneakers colorate oppure delle slingback tacco basso per un risultato chic; completate una borsa grande e morbida di cui quest’anno avrai solo l’imbarazzo della scelta.
La giacca di jeans:
Non la solita giacca ma un capo come il blazer o la field-jacket di colore diverso, più chiaro o più scuro.
Il blazer si sposa benissimo con una gonna o un pantalone bianco per sentirti libera di esprimere la tua femminilità anche con un capo in denim.
Sconsiglierei il tailleur, non è chic per donne come noi. Benissimo anche la giacca camicia con cintura da indossare coi pantaloni corti stile capri.
L’abito in jeans:
Abito o tuta sono già in vendita. Lavaggi come quelli dei pantaloni e modelli che variano dallo chemisier, allo scamiciato al bustier.
Per noi, secondo me, il modello chemisier è perfetto potendolo portare con una cintura e una borsa più elegante. Certamente occorre sceglierlo in materiale molto morbido, tipo camicia, altrimenti diventa fastidioso, caldo e costringente.
Potete giocare con le lunghezze: questo look quotidiano propone versioni alla caviglia o al ginocchio e permette di indossare collane coloratissime.
La tuta permessa solo se sei snella e solo nel weekend perché, secondo me, è più adatto a una giovane donna.
STORIA: dalla Genesi al Glamour

Come è nato questo tessuto e quale evoluzione ha avuto per diventare così indispensabile: ve lo racconto.
Una delle ipotesi sul termine jean corrisponderebbe a una storpiatura derivata dall'antico termine Jeane o Jannes usato anticamente per nominare la città di Genova e dalla pronuncia inglesizzata del più recente termine francese Gênes, in forma singolare, la forma plurale venne diffusa solo nel XX secolo quando entrò nel linguaggio comune.
La parola denim è anche un modo colloquiale inglese per dire Nimes, un’altra delle ipotesi di nascita di questo termine, poiché la Francia fabbricava pantaloni di lavoro in questa città.
Certamente il termine inglese fu utilizzato fin dal 1567 perché in quel periodo iniziarono le esportazioni di questo materiale dal porto genovese.
Le stoffe venivano fabbricate a Chieri (To) e Nîmes in Francia. Da Nîmes prende il nome questo tipo di cotone che aveva una tessitura in diagonale chiamata sargia (serge in francese) con la trama di colore bianco écru e l’ordito di colore blu, che conferiva robustezza a differenza dalla tela semplice che era lavorata, invece, con fili incrociati in modo perpendicolare; era resistente ma non così salda come il denim.
Il denim a quei tempi veniva chiamato “serge de Nîmes” poi accorciato da “de Nîmes” a denim.
La nascita del tessuto jeans, il denim, si attribuisce comunque alla città di Genova, o al Genovesato, che ebbe una grande tradizione tessile fin dal Medioevo.

I primi tessuti in colore denim furono realizzati in fustagno e già nel quattordicesimo secolo questo tessuto blu veniva usato per fare sacchi per le vele delle navi e per coprire le merci nei magazzini. Il denim in pratica è un parente stretto del fustagno tinto in blu; in origine si otteneva usando piante come la ‘isathis tinctoria’ o 'indigofera tinctoria’.
In tutto il mondo antico, si usava dare ai tessuti il nome del luogo di produzione, e Jeane era il nome scritto su molti carichi di fustagno che, a partire dal Cinquecento, arrivavano a Londra dalla Repubblica Marinara di Genova; così si dette il nome jean a questa tela, molto apprezzata sul mercato inglese per la sua robustezza e il suo costo.
Era anche ampiamente utilizzata, a partire dal XVI secolo, dalla marina genovese per le navi a vela e per vestire i marinai.
L’esportazione di tessuto dalla Liguria era nota e, tra questi, erano ricercati il damasco e il velluto di Zoagli, e il tessuto blu, molto resistente, di qualità media e poco costoso, si impose in tutta Europa e in special modo in Inghilterra.
Ci sono altre versioni sulla nascita del jeans ma quello che è certo è che la trasformazione dalla tela all’indumento avvenne proprio nella città di Genova dove ogni anno si tiene la ‘Fiera del jeans’ che ho visitato a novembre.
In questo mese la città è invasa da striscioni che richiamano il jeans e di installazioni di vari marchi con la complicità dei teli antichi esposti nel museo diocesano.
Sono quattordici paramenti sacri raffiguranti storie della Passione di Cristo; furono dipinte a monocromo, note come tele della Passione databili tra il XVI e il XVII secolo, sono esempi unici di come questa tela sia stata impiegata per la realizzazione di arazzi devozionali del XVI secolo.
Fu poi nell’800 che si consacrò il denim esportato in America nell’età dell’oro per realizzare pantaloni da lavoro.
Le zone dell’America in cui furono inizialmente fabbricati questi pantaloni erano gli stati dell’ovest perché qui molti lavoratori erano impegnati nella costruzione delle ferrovie e per un’attività del genere era necessario indossare vestiti forti e robusti.
I produttori storici americani di pantaloni in denim sono essenzialmente tre:
Levi's nel sud, Wrangler nel nord, Lee nel Middle-West: tutti marchi che ancora oggi sono tra i più importanti e che vengono ritenuti storici.
Nel 1853, con l’esplosione della ricerca dell’oro in California, vie
ne alla ribalta Levi Strauss che fondò a San Francisco la sua fabbrica Levis’ Strauss & CO per vendere capi di abbigliamento ai cercatori d’oro.
Comprò anche altri tessuti per tende per utilizzarli come grembiuli da lavoro ma essendo poco resistenti e scomodi Strauss li migliorò facendoli in denim.

Nel 1870 il fondatore dell’azienda Levi Strauss inventa pantaloni ruvidi in denim e qui nacque il jeans come lo conosciamo ora.
Diciassette anni dopo il sarto americano Jacob Davis, aggiunse dei rivetti in rame per rinforzare i punti soggetti a usura come le tasche, riempite da cercatori d’oro e minatori, rivetti che ancora oggi contraddistinguono il vero pantalone jeans.
Davis chiese all’US Patent&trademark Office di brevettare alcuni miglioramenti apportati alle tasche, brevetto che arrivò solo nel 1873 anche perché dovette farlo insieme a Strauss, non disponendo dei 68 dollari necessari per la pratica.
La Levi’s poté quindi produrre in esclusiva questi pantaloni robusti fatti da cuciture tradizionali e rivetti metallici che diventarono la divisa degli operai della ferrovia transoceanica,’ i miners,’ e dei cowboy: ebbero un immediato successo e avevano le famose cinque tasche.

Cinque tasche si riferisce spesso al vero jeans quando lo si acquista in negozio, perciò, tratto distintivo del prodotto.
Minatori, ladri e personaggi dubbi furono i primi clienti della azienda.
Erano chiamati overall perché si indossavano sopra al vestiario abituale. Nel 1890 quando ‘jeans’ diventa il nome del pantalone scadde il brevetto per cui tutti poterono liberamente realizzare pantaloni simili a quelli brevettati.
Il taschino per l’orologio e le monetine vennero aggiunti nel 1890 mentre nel 1905 fu aggiunta la seconda tasca posteriore, i passanti applicati nel 1922, i bottoni per le bretelle furono tolti così come la zip sostituì i bottoni di chiusura anche se i puristi considerano il jeans coi bottoni distintivo del vero conoscitore di questo pantalone.
Inizialmente i produttori di jeans si concentrarono su pantaloni da lavoro, poi, soprattutto la Levi’s espande i suoi prodotti all’inizio del ventesimo secolo e rivolge l’attenzione a nuovi target.

Ispirata all’anticonformismo occidentale l’etichetta progetta i primi pantaloni da donna.
Il primo jeans da donna fu lanciato nel 1935 e appare per la prima volta su giornali di moda come Vogue, e negli anni ’80, la caratteristica etichetta in pelle cucita sopra la tasca dei jeans Levi’s Strauss diventò un elemento necessario per apporre il marchio di un brand.
Il modello che più di tutti ha fatto la storia del jeans firmati Levi’s è il celebre modello 501, che originariamente nacque di colore marrone, senza tasche posteriori né passanti per cintura.
Negli anni’50 attori famosi come James Dean e Marlon Brando indossarono jeans shades, creando un’immagine di anticonformismo e Levi’s diventa simbolo della rivoluzione adolescenziale e negli anni ’60 la generazione ‘Make love not War’ combina il fondo a campana, nuovo modello, dei jeans con l’umore insubordinato.
Elvis Presley li ha indossati oscillando i fianchi, Kurt Gobain è morto in un paio di Levi’s 501, Bruce Springsteen probabilmente è nato coi jeans.
Nel leggendario concerto di Woodstock i ragazzi indossavano solo jeans, indumento saldamente intrecciato con la ribellione giovanile e che ancora oggi c’è la richiesto di riprodurre questi jeans originari dell’epoca.

Oggi la maggior parte dei fan sono entusiasti delle repliche dei pezzi più originali del marchio
La fama del modello 501 si allarga a tutti gli altri modelli, dando vita a una vera e propria diffusione a macchia d’olio dei jeans in tutte le classi sociali e in persone di tutte le età.
Il jeans ebbe un ruolo di protagonista anche nel corso della rivoluzione studentesca, diventandone quasi il simbolo, e da quel giorno venne consacrato nel mondo della moda come un abbigliamento che non può mancare in qualsiasi guardaroba.
A San Francisco si trova il leggendario archivio della Levi’s che raccoglie meticolosamente dal 1989 i vecchi capi; qui vengono analizzati per escludere i falsi e poi vengono riposti in casseforti a prova di fuoco.
Le repliche dei classici pantaloni da lavoro, le camicie e le giacche vengono ridisegnati in edizione limitata e piccoli dettagli come rivetti, cuciture o toppe vengono accuratamente riprodotti sotto il marchio ’Levi’s Vintage Clothing’ e consegnati con un Celebration Package e confezionati e ripiegati come una camicia degli anni ’20 riprodotta sulla confezione.
La rivoluzione delle coscienze degli anni’60 colpì anche la moda, scatenò tanti rumors e finì sulle pagine di Vogue.
Fu Calvin Klein ad accorgersi dell’enorme potenziale dei jeans, nel 1976 li porta in passerella con Brooke Shields le cui foto coi jeans furono scattate da Avedon.

Da allora gli stilisti si sono appropriati dell’indumento cambiando lavaggi, tinture, strappandoli o facendoli apparire consumati.
Fu Fiorucci a ingaggiare uno stilista del team di Dior a far lavare i jeans con dei sassi e inventando gli stone-washed.
In Italia il più conosciuto jeans sartoriale è del marchio Candiani, un marchio attento alla sostenibilità. Hanno lanciato il progetto ‘Candiani custom’ dando vita alla creazione di jeans personalizzati senza sovrapproduzione e nessuno spreco: coinvolge il cliente nella scelta di ogni singola caratteristica realizzando un jeans unico evitando gli sprechi della produzione in serie.
Il 20 maggio 2023 i jeans compiranno 150 anni: questa è la data in cui sono stati brevettati
I jeans.
In Russia arrivarono nel 1957 in occasione del Festival Internazionale della Gioventù a Mosca. Diventarono subito un simbolo di libertà, di ricchezza per chi se lo poteva permettere ma il governo russo cercò di contrastare il fenomeno proibendo di indossarli pena espulsione dalle scuole o dal lavoro.
I contrabbandieri furono i primi "squali del mercato libero” nell’Urss. Molti dei maggiori imprenditori russi di oggi, da Tinkov ad Ajzenšpis, iniziarono la loro carriera dedicandosi proprio al contrabbando di jeans. Nel 1961 due contrabbandieri, Rokotov e Fajbisenko, furono condannati alla pena di morte. Uno dei capi d'accusa era il traffico di jeans. Questa storia viene tuttora ricordata dal momento che in loro onore in America è comparsa una marca di jeans con i loro nomi: Rokotov&Fainberg.

Giuseppe Garibaldi durante lo Sbarco dei Mille indossò un paio di ‘genovesi’ conservati in un museo a Roma. quando partì da Quarto tra il 5/6 maggio 1860 con più di un migliaio di volontari, per la Spedizione dei Mille con cui raggiunse Marsala l’11 maggio 1860. La sua uniforme era composta da un paio di blue-jeans (bleu de Genes), fatti con una tela che arrivava da Nimes (‘de Nimes’, da cui ‘denim’), una camicia rossa e un poncho sudamericano. Hanno una particolarità: al ginocchio sinistro c’è una toppa della stessa stoffa, che copre uno sgarro causato da una colluttazione che ebbe durante una delle sue battaglie. Ai pantaloni sono stati aggiunti, in un secondo momento, un cordoncino tricolore alla vita e alcune borchie con delle scritte incise che si riferivano all’unità d’Italia. Un cimelio unico, che viene apprezzato ogni anno da centinaia di migliaia di visitatori che vengono da tutto il mondo per ammirare “i jeans indossati dall’eroe dei Due Mondi”.

In occasione di un rodeo, in omaggio dalla Levi Strauss arrivò un tuxedo (cioè uno smoking, come è chiamato in America), un doppiopetto confezionato su misura in tessuto denim blu scuro, con risvolti in azzurro. L'etichetta, più grande, cucita all'interno della giacca, diceva: "Tuxedo Levi's.

A Genova degli studenti del liceo artistico hanno realizzato un ‘Blu di Genova, jeans, con600 paia di jeans smessi componendo un pantalone di diciotto metri fatto indossare da una gru dell’antico porto.
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